I danni incalcolabili prodotti da questa politica nazionale

Riflettendo con sempre maggiore approfondimento sulla singolare (a voler essere ad ogni costo indulgente) vicenda dell’art.19 bis del decreto legislativo sulla riforma fiscale, anche alla luce delle acute considerazioni svolte da alcuni commentatori, appare sempre più anomalo il susseguirsi degli eventi messi in atto “dalla politica”, sino alla ingloriosa conclusione del consiglio dei ministri.
La questione, sia ben chiaro, non è se "la politica" possa o meno intervenire su un provvedimento predisposto da tecnici, sia pure di chiara fama (è il caso del Prof Gallo), perché la risposta è ovvia ed affermativa. Il limite insuperabile, anche per un capo di governo, e che tale facoltà deve estrinsecarsi con una chiara, riconoscibile e motivata valutazione e determinazione; altrimenti può apparire come un goffo tentativo di intrusione in un provvedimento legislativo che ha una sua organicità e compiutezza.
In questo caso, infatti, il comportamento "della politica" potrebbe dare la stura ad interpretazioni le più disparate, e perfino le più malevoli. Ovviamente non si possono esprimere giudizi definitivi, ma certamente in una materia così sensibile e delicata qual è quella fiscale, che deve necessariamente produrre effetti e conseguenze economiche che intaccano i redditi delle persone fisiche e non, diventa predominante, per la chiarezza e "la pulizia”, operare nell'assoluta trasparenza dei comportamenti di tutti i soggetti coinvolti ; anche sacrificando, se del caso, le prerogative della politica.
Il caso dell’art. 19 bis risponde in pieno, nelle modalità e nella tempistica di svolgimento, a questa esigenza, necessità e priorità di totale chiarezza, e di linearità dei comportamenti; che sono la condizione necessaria ed inderogabile per operare efficacemente in materia così prioritaria ed essenziale quale è quella dei rapporti tra lo Stato ed i contribuenti.
Il danno che si sta producendo, con la gestione dilatoria che si vuole mettere in atto, potrebbe essere di portata incalcolabile; tenuto anche conto che incide su questioni quali l’evasione e la frode fiscale, aspetti di particolare rilevanza in Italia, ove dobbiamo registrare ogni anno una perdita di gettito fiscale di oltre 120 miliardi di euro, ed il non invidiabile primato, come documentato dal rapporto OCSE 2013, di avere un contenzioso fiscale in essere nove volte superiore, ed un incasso collegato pari ad un terzo, rispetto a quanto avviene in media in Europa.
E tutto ciò senza entrare nel merito delle negative conseguenze di ordine istituzionale connesse alla decisione di rinviare l'approvazione del provvedimento a dopo il 20 febbraio.
Sarebbe interessante verificare quanti punti di credibilità questa politica italiana ha perso per effetto della "disinvolta" gestione del decreto legislativo in questione. Credo non pochi; e penso proprio a ragion veduta.

Roma, 9 gennaio 2015